sabato 2 giugno 2012 – h.17.00: Auditorium di Mecenate, Un monumentale ninfeo di una villa romana
PrintIl monumento tradizionalmente conosciuto come Auditorium di Mecenate, situato all’interno del giardino pubblico in Largo Leopardi e ancora ben conservato nel suo complesso, stato riportato alla luce nel 1874, nell’ambito dei grandi lavori di scavo per la costruzione del nuovo quartiere Esquilino, subito dopo la proclamazione di Roma Capitale del Regno d’Italia.
Probabile il riconoscimento del complesso come un monumentale ninfeo, sulla base del rinvenimento della conduttura plumbea sopra ricordata e soprattutto dei fori visibili nel gradino superiore dell’esedra, dai quali doveva defluire l’acqua che scorreva lungo la gradinata marmorea, per essere poi convogliata in un canale situato sotto al pavimento della sala.
La sala era probabilmente utilizzata come triclinio estivo, vista la forma a T che trova puntuali confronti con simili triclini coevi di lussuose residenze presenti a Pompei e a Stabia. In questa situazione un’ulteriore prova dell’utilizzo della sala come un cenacolo di intellettuali senza dubbio il rinvenimento di alcuni versi di un epigramma del poeta greco Callimaco, dipinti sull’intonaco esterno dell’abside, che alludono agli effetti del vino e dell’amore.
Le opere preliminari alla costruzione della villa di Mecenate sono ricordate da Orazio, e in particolare la bonifica della vasta necropoli Esquilina di epoca arcaica e repubblicana, allora ricoperta con uno spesso strato di terra, e il livellamento del fossato antistante le Mura urbane.
Nell’ambito di questi lavori il triclinio-ninfeo della villa venne costruito a cavallo delle Mura Serviane, all’interno del terrapieno retrostante alla fortificazione; un tratto della cinta repubblicana visibile lungo il lato prospiciente la Via Leopardi, inglobate nell’angolo Sud dell’edificio.
Oltre alla peculiare composizione architettonica, di grande interesse in particolare il complesso sistema decorativo del cd. Auditorium di Mecenate, ancora ben leggibile nonostante il precario stato di conservazione, realizzato nell’ambito della seconda fase dell’edificio, databile all’et tardoaugustea.
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