27/11/2012 – Al di la’ del bene e del male. Il cinema di Liliana Cavani

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Cinema Trevi-Al di l del bene e del male. Il cinema di Liliana CavaniInetticchettabile. Indefinibile. Cos come il suo cinema. Liliana Cavani potrebbe avere mille definizioni cos come i suoi film, come ci ricorda la studiosa Francesca Brignoli: Regista dello scandalo, per di pi donna. Provocatrice, cattolica del dissenso. Intellettuale laica e trasgressiva. Tra demonio e santit. Ma non servirebbe a nulla a scalfire quell’alone di enigmaticit. Cinema, televisione, lirica. Politica. []. Ogni volta che sembra di averla “catturata” lei scarta, ed tutto da rifare. Molto meglio non provarci, un tentativo inutile e si sbaglia comunque. Meglio limitarsi a seguirla. Anche perch nulla pi del movimento sembra corrispondere a Liliana Cavani ed essere fulcro del suo cinema, ci avvisa giustamente la giovane studiosa. Ogni suo film appare come una monade artistica, sempre per in relazione con l’intera filmografia della regista. Non un caso che spesso Liliana Cavani rivisita i suoi film, li rimodella, assecondando una nuova visione sui personaggi e sui temi trattati: il Francesco di Assisi (1966) “cos lontano e cos vicino” al suo remodel Francesco (1989), cos come il tema dell’esclusione viene trattato ne L’ospite (1971) e poi ripreso diversi anni dopo in Dove siete? Io sono qui (1993). Progressivamente l’intero corpus filmico della Cavani assume connotazioni sempre pi simboliche, psicoanalitiche, non offrendo quindi mai acquisizioni sicure, ma proponendo sempre degli interrogativi. Il suo cinema pi volto a dividere che a suscitare consensi, a problematizzare la riflessione, la considerazione critica.

L’enigmaticit del reale nel suo cinema deriva prima di tutto dallo sguardo libero, spontaneo e demistificatore della regista, votato a guardare alla realt senza i manicheismi imposti dal dualismo ideologico con le sue formule aprioristiche di interpretazione della realt. Ritengo i miei film dei drammi autentici, classici quasi. Forse si tratta di intendersi sulla “struttura drammatica”. Pongo sempre individui al centro di uno scandalo rappresentato da loro stessi per il fatto di essere cos come sono. Lo conduco fino alle estreme conseguenze senza fare il moralino finale: mi si rimprovera di non “risolvere” (ci sono gi tanti moralisti a risolvere) (Cavani).

Le dichiarazioni della regista sono tratte da: Ciriaco Tiso, Liliana Cavani, Il Castoro Cinema, La Nuova Italia, Firenze, 1975; Gaetana Marrone, Lo sguardo e il labirinto. Il cinema di Liliana Cavani, Marsilio, Venezia, 2003; Giacomo Martini, Piera Raimondi Cominesi, Davide Zanza, Una regione piena di cinema. Liliana Cavani, Falsopiano, Alessandria, 2008; Francesca Brignoli, Liliana Cavani. Ogni possibile viaggio, Le Mani, Genova, 2011.

marted 27
ore 17.00
Francesco d’Assisi (1966)
Regia: Liliana Cavani; soggetto e sceneggiatura: Tullio Pinelli, L. Cavani; fotografia: Giuseppe Ruzzolini; musica: Peppino De Luca; montaggio: Luciano Gigante; interpreti: Lou Castel, Giancarlo Sbragia, Maria Grazia Marescalchi, Riccardo Cucciolla, Ludmilla Lvova, Kenneth Belton; origine: Italia; produzione: Rai; durata: 105′
Il Francesco un film classico e d’avanguardia insieme, come d’altronde emozionante, e al tempo stesso lucido nella costruzione strutturale. Nel momento in cui Rossellini, con La prise du pouvoir par Louis XIV, ricerca la geometricit classica di un cinema per lui diverso, la Cavani rende forse inconsciamente omaggio al primo cinema rosselliniano ritrovandone la purezza essenziale attraverso la composizione di una immagine nuda, che trasforma in stile la stessa povert di mezzi, come il suo protagonista Francesco trasforma in “santit” la sua “povert” esistenziale (Tiso). Ho fatto il film su Francesco [] mio malgrado. Io non ho avuta alcuna educazione cattolica, il soggetto non mi interessava in maniera particolare. Ma ho letto il libro di Sabatier che fa di Francesco un ragazzo di tutte le epoche, quindi anche della mia, e ci mi ha interessato. Per questo si detto che si tratta di un film sul primo contestatore. [] E Lou Castel che era sconosciuto nel 1965 si tal punto innamorato del personaggio da identificarsi completamente con lui. da quel momento che nacque la sua vocazione rivoluzionaria (Cavani).

ore 19.00
Galileo (1968)
Regia: Liliana Cavani; soggetto e sceneggiatura: Tullio Pinelli, L. Cavani; collaborazione alla sceneggiatura: Fabrizio Onofri; fotografia: Alfio Contini; scenografia e costumi: Ezio Frigerio; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Cyril Cusack, Giulio Brogi, Gheorghi Koldjancev, Paolo Graziosi, Lou Castel, Miroslav Mindov; origine: Italia/Bulgaria; produzione: Fenice Cinematografica, Rizzoli Film, Kinozenter; durata: 108′
Galileo Galilei si trova a Padova dove insegna fisica all’Universit. Qui cominciano a serpeggiare le idee di Giordano Bruno e i principi di Copernico sul sistema solare. Attraverso lunghi studi, Galileo si convince che il Sole e non la Terra al centro del sistema dell’universo. Chiamato a Roma per mostrare e spiegare le sue ricerche, viene invitato dal Cardinal Bellarmino e dal Papa stesso a soprassedere a tali studi poich le sue affermazioni sono ai limiti dell’eresia. Presentato al Festival di Venezia nel 1968. Il film brucia quasi completamente gli schemi convenzionali del cinema biografico e trasforma la ricostruzione del passato in azione presente. , insieme, la tragedia di un uomo in anticipo sui tempi e la storia di una ingenuit (Morandini). Le puntate dovevano essere due, come le miniserie di oggi, ma doveva essere in primis per il cinema. Il produttore era Leo Pescarolo, lo stesso del Francesco, col quale inizi il suo mestiere. Il film venne apprezzato subito, fu scelto per il Festival di Venezia e fu comprato per essere distribuito in sala dalla Cineriz. Fu giudicato subito troppo anticlericale e la Rai non solo non lo ha trasmesso, ma anni dopo, quando ci fu un socialista a dirigere il primo canale che progett di trasmetterlo, si scopr che non c’era neanche pi un documento che attestasse la propriet Rai per i diritti Tv. Eppure il mio contratto di regia e sceneggiatura, insieme a Tullio Pinelli, e di regia stipulato dalla Rai. La Cineriz, dopo averlo comprato, decise di non distribuirlo. Andreotti aveva chiesto ad Angelo Rizzoli senior la cortesia di non mostrarlo nelle sale perch nel film la Chiesa faceva una pessima figura. Come facile capire, il mondo sempre quello, e non si vigila mai abbastanza. Ci fu per una vendetta. La San Paolo Film noleggi il film alle scuole superiori italiane e cos tanti ragazzi hanno potuto vederlo. Spesso mi successo di incontrare persone che l’hanno visto a scuola (Cavani).

ore 21.00
Incontro di notte (1961)
Regia, soggetto e sceneggiatura: Liliana Cavani; fotografia: Giulio Spadini; scenografia: Pasquale D’Alpino; interpreti: Romano Ghini, Annabella Incontrera, Ababakan Samba; origine: Italia; produzione: CSC; durata: 10′
Un incontro di notte fra un uomo sposato e un musicista. Ubriachi, si recano a casa del primo, dove la moglie dorme. Il marito la sveglia, mentre dalla strada giunge la musica del fugace amico. Frammento di vita (notturno), in bianco e nero, intimista e minimal. La qualit del lavoro, la definizione dei caratteri e dell’intreccio fanno di questo cortometraggio una prova interessante, che anticipa in nuce elementi distintivi della Cavani matura. Soprattutto, in Incontro di notte la giovane regista dimostra di saper gi creare quell’atmosfera di suspense che si ritrover nelle prove della maturit. una tensione palpabile, che invade lo spazio e domina i personaggi, privi di stranezze evidenti, e prelude a qualcosa che potrebbe accadere ma di cui non si scorgono presagi riconoscibili e codificati (Brignoli).

a seguire
La battaglia (1962)
Regia, soggetto e sceneggiatura: Liliana Cavani; fotografia: Antonio Piazza; costumi: Rosalba Menichelli; interpreti: Antonio Menna, Daniela Igliozzi, Samba Abacan, Rosanna Santoro, Ireneo Petruzzi, Nili Arutay; origine: Italia; produzione: CSC; durata: 30′
Un gruppo di giovani si riunisce in riva a un lago: ben presto affiorano tensioni e rivalit, che trovano un’eco nella rappresentazione fra i ruderi di un teatro della favola di Teseo e il Minotauro. Il riferimento alla mitologia d alla vicenda un connotato simbolico che travalica i limiti di un semplice conflitto giovanile per svelare cicatrici pi profonde. Come per Incontro di notte (ma con sviluppo ed esito decisamente diversi), al centro della scena la giovane regista mette due uomini intorno a una donna; e, ancora c’ il diverso, l’uomo nero, che osa scandalosamente vivere come un bianco, occupando, anche fisicamente [] gli spazi spettanti all’altro, che si sente defraudato di ci che quasi per diritto divino ritiene spettargli. [] L dove nel corto del 1961 l’incontro tra due uomini intorno a una donna si risolveva in ode al desiderio, al sogno (alla giovent), creando un’atmosfera sospesa, a tratti poetica, qui tutto contrapposizione violenta, a partire dal bianco e nero fortemente contrastato, ai limiti della sovraesposizione. Una violenza incombente, che interviene anche nello stile, con la volont di creare immagini “scomode”, privilegiando piani di ripresa obliqui, con l’obiettivo sempre in diagonale a fotografare volti, corpi (spesso sdraiati), di sbieco, raramente centrali []: come a seguire il precipitare delle rive verso le acque del lago e insieme delle passioni verso l’inevitabile esito di morte (Brignoli). Selezionato per il Festival di San Sebastian, 1962.

a seguire
I cannibali (1969)
Regia: Liliana Cavani; soggetto: L. Cavani; sceneggiatura: L. Cavani, Italo Moscati, Fabrizio Onofri; fotografia: Giulio Albonico; scenografia e costumi: Ezio Frigerio; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Britt Ekland, Pierre Clementi, Tomas Milian, Delia Boccardo, Marino Mas, Francesco Leonetti; origine: Italia; produzione: Doria Cinematografica, San Marco Produzione; durata: 87′
Liliana Cavani, partendo dalla leggenda, ha avuto un grande lampo, un’idea che davvero poteva essere il trampolino di lancio per una potentissima fantasia: uno spettacolo che riproponeva in termini attuali l’eterno problema del potere assoluto, che si fonda sulla negazione dei diritti umani e l’oppressione armata. […] Ebbene, la Cavani immagina che uno di questi governi tirannici proceda all’eliminazione generale e immediata di tutti gli oppositori, ordinando che si spari senza discriminazione n giudizio dove si trovano, nelle vie, nelle piazze, nei tram, nel metr, prescrivendo insieme che nessuno, pena la morte, non soltanto rimuova, ma nemmeno tocchi quei cadaveri. L’azione del film si apre cos su una delle pi incredibili, bizzarre e insieme agghiaccianti successioni di immagini. […] Su un marciapiede qualcosa fa mucchio per terra, che, poi si capisce, un corpo d’uomo disteso […]. Ma ecco pi in l un altro. E subito un altro. E allora si capisce che sono cadaveri […]. Purtroppo la formidabile invenzione dell’inizio, quel panorama di immagini inesorabili nella loro atrocit, e stupende nella loro surreale evidenza, […] ha poi dei cedimenti durante il racconto. […] E tuttavia non c’ dubbio che, con tutti i suoi squilibri, I cannibali resta un film di grande interesse e novit (Sacchi). Grandi prove di Clementi e Milian. Volevo raccontare l’Antigone di Sofocle all’interno di un contesto attuale. L’idea di ispirarmi a quel testo, che un canto sulla libert della persona contro leggi imposte dalla dittatura dei gruppi di potere, inseriva inevitabilmente il film dentro la poetica della contestazione. Come anche per Francesco, la gran parte della forza de I cannibali risiede nel linguaggio. Doveva avere un sapore epico, non di cronaca, perch non era la storia di una ragazza ribelle che incontra un ragazzo strano ecc. ecc. Era una specie di “racconto morale” con riferimento ad un’etica scritta nella testa di tutti gli esseri umani, se solo riescono a percepirla. Non era possibile la prosa del racconto morale (Cavani).

mercoled 28
ore 17.00
L’ospite (1972)
Regia: Liliana Cavani; soggetto e sceneggiatura: L. Cavani; fotografia: Giulio Albonico; scenografia: Giuseppe Crisolini; costumi: Fiorella Mariani; montaggio: Andreina Casini; interpreti: Lucia Bos, Peter Gonzales, Glauco Mauri, Giancarlo Maio, Alvaro Piccardi, Maddalena Gillia; origine: Italia; produzione: Lotar Film, Rai; durata: 94′
Il difficile reinserimento degli ammalati psichici nella vita normale, dopo la guarigione, in un film della Cavani che unisce i modi dell’inchiesta a quelli della pellicola a soggetto, seguendo le vicende di un’ex ricoverata in manicomio affettuosamente seguita da uno scrittore che si interessato al suo caso. “Dionisio era il dio pazzo, che abbatte i confini, libera i prigionieri, che abolisce la repressione e abolisce soprattutto il distacco dell’uomo dalla natura”. La frase, pronunciata dallo scrittore, l’epigrafe con cui Liliana Cavani apre il suo quarto lungometraggio, una riflessione sulla malattia mentale come possibilit, per ognuno, di trovarsi al di qua o al di l del confine tra normalit e devianza, salute e malattia. L’ospite un film di piccoli piani sequenza, che permettono di concentrarsi su Anna, sul suo volto, sul farsi del suo percorso psichico, in un continuo peregrinare al di qua e al di l di muri reali e figurati – del manicomio, della casa di famiglia, della societ (sono le porte, aperte e chiuse, che tornano con insistenza) tra passato e presente, vita reale e vita immaginata, desiderata e messa mentalmente in scena (Brignoli). Rimasi sconvolta; in quegli anni la legge Basaglia ancora non era entrata in vigore e quei posti sembravano dei veri e propri lager. Parlai con alcuni malati e con alcune infermiere grottesche e spaesate (Cavani).
Ingresso gratuito – Per gentile concessione di Rai Teche

ore 19.00
Milarepa (1973)
Regia: Liliana Cavani; soggetto e sceneggiatura: L. Cavani, Italo Moscati, liberamente tratto da Tibet’s Great Yogi Milarepa; fotografia: Armando Nannuzzi; scenografia e costumi: Jean Marie Simon; musica: Daniele Paris; montaggio: Franco Arcalli; interpreti: Lajos Balazsovits, Paolo Bonacelli, Marisa Fabbri, Marcella Michelangeli, George Wang; origine: Italia; produzione: Lotar Film, Rai; durata: 108′
Un giovane studente, che ha tradotto l’opera sulla vita dello yogi tibetano Milarepa, accompagna in auto all’aeroporto il suo professore e la moglie, ma i tre hanno un incidente. Mentre la donna va a cercare aiuto, il giovane narra le vicende di Milarepa al professore rimasto ferito. Il film continua la ricerca che la Cavani ha cominciato nei due film precedenti e come nota Ciriaco Tiso: Contrariamente al Francesco, che era una ricerca della mitologia del e nel reale attraverso il realismo nudo della struttura, e al contrario anche de I Cannibali dove, invece, il mito giungeva dalla lontana dimora dell’arcaicit [], in Milarepa il mondo moderno si rivolge al passato, l’oggi si rivolge al ieri E ancora sulla forte stilizzazione della messa in scena Tiso aggiunge: Tutto ci spinge lo spettatore ad un viaggio non in un Tibet reale ma in un Tibet immaginato con una operazione assolutamente mentale e filmica. Ecco perch, alla fine di tutto, il film inizia lo spettatore ad un viaggio nel proprio “inconscio”, provocandolo a seguire Milarepa nel suo itinerario spirituale, e a spogliarsi cos della propria alienazione, compiendo la ricerca che lui compie. Milarepa vive nella continua ricerca del superamento dei suoi limiti: prima la sua ricerca di potere e di vendetta, poi di grandezza. Infine approda alla libert. La sua continua indagine interiore gli fa superare i limiti e gli ingorghi dell’ignoranza perch l’ignoranza che spinge a credere nella morte. [] Il film and in concorso a Cannes soprattutto, penso, grazie alla fama che mi ero fatta in Francia per lo scalpore provocato, un anno prima, dall’uscita de Il portiere di notte (distribuito prima in Francia e poi in Italia). La Rai era produttrice di Milarepa, ma i suoi funzionari non organizzarono una conferenza stampa, neanche un foglietto per i giornalisti con qualche indicazione sul film. Tuttavia, il film trov un distributore indipendente che lo fece uscire in Francia. In Italia fu la gloriosa AIACE, minigruppo indipendente fatto di associati cinefili, a far stampare 10 copie del film che stettero nelle sale d’essai fino a sbriciolarsi (Cavani).

ore 21.00
Incontro con Liliana Cavani

a seguire
Il portiere di notte (1974)
Regia: Liliana Cavani; soggetto e sceneggiatura: Barbara Alberti, L. Cavani, Italo Moscati, Amedeo Pagani; fotografia: Alfio Contini; scenografia: Nedo Azzini, Jean Marie Simon; costumi: Piero Tosi; musica: Daniele Paris; montaggio: Franco Arcalli; interpreti: Dirk Bogarde, Charlotte Rampling, Philippe Leroy, Gabriele Ferzetti, Giuseppe Addobbati, Isa Miranda; origine: Italia; produzione: Lotar Film; durata: 118′
In un albergo di Vienna, nel 1957, una sopravvissuta alla tragedia dei campi di concentramento, Lucia Atherton, ritrova il suo aguzzino, con cui riallaccia un rapporto schiavo-padrone. Trasferitasi a casa dell’uomo, mentre un gruppo di sicari nazisti le sta dando la caccia, Lucia spinge la relazione fino all’annientamento reciproco. Uno dei lungometraggi pi discussi degli anni Settanta, diretto da una regista in stato di grazia e causa di un dibattito che all’epoca fece il giro del mondo. Raramente nella storia del cinema il rapporto vittima-carnefice stato esplorato con tanta lucidit, e i due protagonisti, la Rampling e Bogarde, sono indimenticabili. Sequestrato, assolto, risequestrato e bloccato per un anno, rimane un film straziante, atroce testimonianza del nazismo. Con questo film, impensabile senza l’analisi materiale e psicologica del nazismo vagliata durante gli anni dell’apprendistato documentaristico, la Cavani sposa sul piano artistico la complicit delle immagini con una pulsione voyeuristica. Lo spazio dell’esperienza si identifica ora con il dominio dello sguardo, metafora di violazione e di potere (Gaetana Marrone). Il film Portiere di notte di Liliana Cavani una prova definitiva di grande maturit e sapienza del suo autore che io stimo gi da opere precedenti come I cannibali e Milarepa. Portiere di notte un film straziante crudele e terribile che ti lascia senza fiato – recitato alla perfezione da tutti e specialmente dai due magnifici protagonisti Dirk Bogarde e Charlotte Rampling e infine da Isa Miranda e Philippe Leroy. un film costruito con rara sapienza ed equilibrio ed un film che rimarr come un’altra atroce testimonianza del nazismo. Spero che presto l’opera di Liliana Cavani esca senza tagli e senza assurdi interventi per tutti i pubblici del mondo. E sono sicuro del suo successo ovunque (Luchino Visconti). Credo che in ogni ambiente, in ogni rapporto, ci sia una dinamica vittima-carnefice pi o meno chiaramente espressa e generalmente vissuta a livello non cosciente. Il grado di maturit di ciascuno fornisce un freno pi o meno consistente a questa carica che resta cos pi o mena repressa. La guerra non fa altro che da detonatore: allarga il campo delle possibilit e dell’espressione, rompe i freni, apre le dighe. I miei protagonisti attraverso la guerra hanno rotto i freni e vivono lucidamente i loro ruoli. Si tratta di ruoli scambievoli (Cavani).
Ingresso gratuito

gioved 29
ore 17.00
Al di l del bene e del male (1977)
Regia: Liliana Cavani; soggetto: L. Cavani; sceneggiatura: Franco Arcalli, Italo Moscati; fotografia: Armando Nannuzzi; costumi: Piero Tosi; musica: Daniele Paris; montaggio: F. Arcalli; interpreti: Dominique Sanda, Erland Josephson, Robert Powell, Virna Lisi, Philippe Leroy, Carmen Scarpitta; origine: Italia/Francia/Germania; produzione: Clesi Cinematografica, Lotar Film, Les Artistes Associs, Artemis; durata: 127′
Liberamente ispirato alla realt storica, il romanzo di una donna e due uomini – Lou Von Salom, Friedrich Nietzsche, Paul Re – che verso la fine dell’Ottocento cercano di attuare una trinit sentimentale. Chi conduce il gioco sovversivo del desiderio – la cui logica si scontra con quella del potere – la donna e suo (della regista) il punto di vista sugli avvenimenti. Scritto con Italo Moscati e Franco (Kim) Arcalli e sostenuto da un apparato figurativo di sfarzo viscontiano, un film denso, ambizioso, fin troppo esplicativo, un po’ raffazzonato nelle plurime ispirazioni letterarie, compiaciuto nel suo indugio sul tema dell'”andare fino in fondo” (Morandini). Mi sono sentito scrutare da uno sguardo di donna. Una donna che ha per me una identit composita, che insieme Liliana Cavani, Dominique Sanda, Lou Salom, ma anche certe donne con cui ho vissuto situazioni analoghe. Ho colto per una volta qualcosa di simile a una passione possessiva, una passione vera ma finita in un’impasse. L’ho colta attraverso uno sguardo che non era pi mio, lo sguardo di un uomo con quel che ha dentro di “sovradeterminazione del potere” (Guattari). Tradizionalmente, un uomo pensa che debba vivere con una donna e una donna con un uomo. In realt, la vita, la si pu inventare e Lou Salom cerca di inventare la propria vita con un rapporto a tre. Questo rapporto non sessuale []. Perch, dunque, la storia di questi tre personaggi mi ha affascinato? Per la sua importanza culturale, come comunicazione di esperienze. Il loro progetto privato diventato esemplare, simbolico, in quanto l’hanno trasmesso attraverso gli scritti, la loro forma di comunicazione. un caso in cui il privato diviene pubblico (Cavani).

ore 19.15
La pelle (1981)
Regia: Liliana Cavani; soggetto: dal romanzo omonimo di Curzio Malaparte; sceneggiatura: Robert Katz, L. Cavani; fotografia: Armando Nannuzzi; scenografia: Dante Ferretti; costumi: Piero Tosi; musica: Lalo Schifrin; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Marcello Mastroianni, Ken Marshall, Claudia Cardinale, Burt Lancaster, Alexandra King, Carlo Giuffr: origine: Italia/Francia; produzione: Opera Film Produzione, Gaumont; durata: 134′
Napoli 1944. Il generale Cork, comandante della 5 Armata americana, preso dalle trattative con Marzullo, mafioso locale, che per consegnargli 112 tedeschi catturati durante le quattro giornate di insurrezione esige dagli americani una tangente di cento lire al chilo, suscettibile di forti aumenti, per ogni prigioniero. Il tramite per condurre il patteggiamento Curzio Malaparte, a cui viene anche dato l’incarico, per compiacere la moglie aviatrice di un senatore americano, di organizzare una cena stile Rinascimento che abbia come clou una “sirena” dell’acquario di Napoli che sembra una bambina. Intanto nei “bassi” le madri vendono i figli ai marocchini e Jim, il giovane tenente di collegamento, si innamora di una ragazzina che scoprir poi essere in vendita, pubblicizzata da suo padre come l’unica vergine esistente in citt. La negazione dei valori culturali, causata dall’incontro tra gli eserciti di liberazione e un popolo antico, si configura nella topografia di una citt vinta, corrotta da un flagello nuovissimo, in cui la pelle, l’unica merce di scambio, con la sua opacit un po’ mostruosa, diviene “la carta geografica del mondo” sul piano dell’immagine, della metafora, dell’universale condizione umana (Marrone). Mi ha attratto la perennit degli eventi. Ci sono fatti che si ripetono nella Storia. Accadde a Troia attraversata dagli Achei quello che accadde a Napoli invasa dagli alleati. Nel romanzo Malaparte scrive che le guerre le perdono sempre e soprattutto le donne e i bambini. Ed sempre pi vero. Napoli, citt antica come Ninive o Babilonia ma sopravvissuta, nel film simboleggia l’Italia intera attraversata e tartassata da Sud a Nord da militari di svariati paesi, tedeschi prima, Alleati dopo. Si ebbe la libert infine, ma certo fu pagata cara. Del romanzo poi mi ha attratto lo humour nero del protagonista (Malaparte stesso) interpretato da Mastroianni con grande finezza. Il film and a Cannes dove provoc entusiasmo e anche irritazione. Le guerre raccontate come nel mio film non sono gradite ai moralisti. Non perch essi detestino le guerre e siano pacifisti, ma perch le guerre si fanno e basta ed sconveniente sviscerare come si facciano, purch si vinca (Cavani).

ore 21.45
Oltre la porta (1982)
Regia: Liliana Cavani; soggetto e sceneggiatura: L. Cavani, Enrico Medioli; fotografia: Luciano Tovoli; scenografia: Dante Ferretti; costumi: Piero Tosi; musica: Pino Donaggio; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Marcello Mastroianni, Eleonora Giorgi, Tom Berenger, Michel Piccoli, Paolo Bonetti, Cicely Brown; origine: Italia; produzione: Cineriz Distributori Associati, Futurfilm ’80, Rai; durata: 105′
La regista chiama Oltre la porta “un giallo psicologico”, una specie di complotto famigliare, che racconta la storia di tre personaggi invasati dal loro mondo privato. Ambientato a Marrakech, nell’architettura labirintica della sua Medina, la vicenda sviluppa un’appassionata relazione d’amore tra Nina (Eleonora Giorgi) e il patrigno Enrico (Marcello Mastroianni). Nina tiene Enrico sequestrato in prigione (dove sta scontando la pena per il presunto assassino della moglie) cos da poterlo controllare. L’intenso rapporto sconvolto dall’arrivo di un ingegnere minerario americano (Tom Beregner), che fa una corte spietata a Nina. Per la Cavani, oltre la porta c’ spesso “qualcosa che scompagina le carte del gioco. Ci pu essere la scoperta della verit o l’apparenza della verit” (Marrone). Il sequestro di persona un dato anche frequente. Spesso si legge di uomini che perseguitano donne fino ad ucciderle perch esse vogliono interrompere la relazione. In tanti uomini c’ questo istinto di propriet assoluta della partner come se fosse la loro schiava, che spetta loro di diritto. un’aberrazione sociale ancor prima che individuale. Nel film ad operare il sequestro la donna, caso meno frequente. il mio film meno riuscito perch il meno chiarito nella mia testa. Voleva essere comunque un racconto sulla manipolazione che molte persone operano sul o sulla partner, convinti di amare(Cavani).
Copia proveniente dalla Cineteca di Bologna

venerd 30
ore 17.00
Interno berlinese (1985)
Regia: Liliana Cavani; soggetto: liberamente tratto dal romanzo La croce buddista di Junichiro Tanizaki; sceneggiatura: L. Cavani, Roberta Mazzoni; fotografia: Dante Spinotti; scenografia: Luciano Ricceri; costumi: Alberto Verso; musica: Pino Donaggio; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Gudrun Landgrebe, Kevin McNally, Mio Takaki, Massimo Girotti, Philippe Leroy, William Berger; origine: Italia/Germania; produzione: Cannon; durata: 118′
Nella Berlino del 1938, proprio mentre il regime nazista intensifica le sue campagne di moralizzazione, Louise von Hollendorf e suo marito Heinz vengono entrambi sedotti da Mitsuko, figlia dell’ambasciatore giapponese: dall’incontro nasce un triangolo morboso. Con uno stile decadente e raffinato, a cui contribuiscono gli eccellenti Spinotti e Donaggio per la fotografia e la colonna sonora, Liliana Cavani trapianta nella Germania nazista l’erotismo di Junichiro Tanizaki, con effetti suggestivi. Quell’angelo demonio [Mitsuko] Liliana Cavani lo ha trascritto con molta finezza, andando a fondo nella sua psicologia irta di enigmi e conducendo avanti il suo incontro-scontro con gli altri due, mettendo in vellutata evidenza il suo ruolo di perfido ma segretissimo carnefice i cui moventi, visti solo dalle sue vittime, attraverso i suoi gesti, non sono mai chiariti del tutto, rimanendo – come spesso i personaggi di Tanizaki – confinati in limbi misteriosi, all’insegna soprattutto dell’ambiguit (Rondi). Dal momento che nulla pu contrastare di pi con la repressa moralit ufficiale della Germania nazista dell’abbandono appassionato che prende i miei personaggi, non era necessario mostrare n svastiche n camicie brune, e neppure far vedere Hitler che sbraita ai microfoni. Quell’atmosfera asfissiante implicita in ogni inquadratura (Cavani).

ore 19.15
Francesco (1989)
Regia: Liliana Cavani; soggetto: L. Cavani; sceneggiatura: L. Cavani, Roberta Mazzoni; fotografia: Giuseppe Lanci e Ennio Guarnieri per le riprese a Perugia; scenografia e costumi: Danilo Donati; musica: Vangelis; montaggio: Gabriella Cristiani; interpreti: Mickey Rourke, Helen Bonham-Carter, Paolo Bonacelli, Mario Adorf, Fabio Bussotti, Hans Zischler; origine: produzione: Istituto Luce-Italnoleggio Cinematografico, Karol Film, Rai, Royal Film; durata: 157′
Alcuni anni dopo la morte di Francesco d’Assisi, Chiara e cinque confratelli del Santo si riuniscono in cima ad un poggio. A turno, essi ricordano episodi e momenti della vita di quell’essere straordinario, che sconvolse le loro esistenze, attirandoli con parole e con esempi di amore e di pace, in linea con il Vangelo. Leone annota sul suo quaderno spunti e ricordi toccanti; gli altri (Pietro Cattani che sapeva di legge, Bernardo, gi notaio del padre del Santo, Angelo ex-uomo d’armi e Rufino) lo aiutano a redigere il suo memoriale. un film sensuale, pervaso di un amore libero e totale che si attua attraverso l’atto eucaristico del dono che Francesco fa di s, del proprio corpo. Cos si d completamente alla fiumana di poveri nella sequenza della baraccopoli (al termine della quale, reduce da una lunga veglia di paure ed emozioni, dorme rannicchiato accanto al Crocefisso); con il corpo che fa suo Cristo abbracciando la croce, allo stesso modo accoglie il lebbroso; ancora, con l’abbraccio cerca di placare la disperazione di un malato; infine getta se stesso sul condannato all’impiccagione per difenderlo. specchio di un amore che va al di l di ogni giudizio, per una vita fatta di esperienza concreta, di contatti con gli uomini e con il creato fino all’altissimo contatto con Dio (Francesca Brignoli). Mi piacque Mickey Rourke moltissimo ne L’anno del dragone di Michael Cimino e cos lo cercai per Francesco. Ero contraria ad una visione di Francesco santino fragile. Mi sempre piaciuta l’immagine che ne d Giotto nella Basilica di S. Francesco ad Assisi. Giotto lo illustra come un ragazzo forte e normale. Del resto Francesco si era preparato per fare il cavaliere di ventura, quindi a usare le armi che allora erano pesanti spadoni da reggere stando a cavallo. Mickey porta la sua prestanza e un sorriso indifeso. Porta poi soprattutto la sua bravura grandissima di attore. La cattiva stampa ha dato quasi l’idea di un pugile prestato alla recitazione. vero il contrario. Mickey ha studiato recitazione con Sandra Seacat a New York risultando tra i migliori. Ho lavorato con bravi e grandi attori. Mickey mi parso il pi bravo. Il suo metodo gli permette di estraniarsi fino ad attingere energia ad una pura sorgente nel profondo di se stesso. E cos l’uomo che ad un certo punto nel fiore degli anni cambia vita di netto non un debole o un bacato, ma un uomo virile, anche bello, che d tutto se stesso a quel Ges del quale desidera sentirsi fratello minore (Cavani).

Source Article from http://www.info.roma.it/evento_dettaglio.asp?eventi=24081

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